Christian Merli: motori, che passione!
Christian Merli quando ha capito che voleva essere un pilota? “Questa domanda se la fa sempre anche mio padre…”. La passione per le quattro ruote nasce sulle strade di casa quando, ancora adolescente, il campione trentino è assiduo spettatore della Trento Bondone, una delle gare più affascinanti d’Europa per chi ama sfidare l’asfalto in salita correndo nel cuore delle montagne. In famiglia non c’è una tradizione motoristica, ma Christian già al volante del suo primo motorino capisce qual è il brivido che cerca nella sua vita. Passa le serate nei garage delle officine vicino a casa, a montare e rimontare, finché la passione si sposta dalle due alle quattro ruote, cominciando a guidare di nascosto la macchina del padre. La prima competizione risale al 1991 al Passo del Tonale, non ancora diciottenne, quando Merli si cimenta con le motoslitte, specialità che non abbandonerà nel corso della sua carriera, affiancandola alle gare in salita e ai rally. È il 1993 e, al volante di una Peugeot 205, è il debutto con le quattro ruote. Christian si scontra con l’incomprensione dei suoi genitori, completamente estranei a questo tipo di sport e comprensibilmente spaventati, la mamma soprattutto. Gli anni però passano e assieme ai primi risultati arriva anche la “benedizione” di casa. È del 1994 la prima vittoria di classe (1600) nel CIVM e l’anno successivo decide di cimentarsi nei rally. “Era una passione che inseguivo da tempo”. Christian non sbaglia, e chiude in testa tra gli under-23 e negli N3 il Rally Internazionale città di Bassano. Le corse rimangono in cima alla lista delle priorità fino al ’97, quando il pilota di Fiavè decide di fermarsi per rimettere un po’ in sesto le proprie finanze – “avevo fatto forse più di quanto potessi permettermi” – e concentrarsi sul lavoro.
Smetto o non smetto?
La scuola alberghiera frequentata da ragazzo gli permette di dare una mano nell’attività di famiglia (un ristorante) prima di decidere di mettersi in proprio come artigiano. I sacrifici e i ripensamenti a quel tempo sono all’ordine del giorno: “La mia passione mi ha portato molto spesso a impegnare gran parte del tempo disponibile, tralasciando così le vacanze, le giornate serene o anche solo un po’ di riposo”. La ripresa però avviene qualche anno dopo, nel 2004, quando Merli vince il Trofeo Italiano Velocità Montagna. In trasferta sempre con al fianco la compagna Cinzia , passa da un campo di gara all’altro con il furgone (che diventa anche rifugio per la notte), con attaccato il carrello per la macchina da corsa. La parola d’ordine è adattarsi, nel caso di Cinzia, a volte anche facendo il meccanico se necessario. “Ripensamenti ce ne sono stati tanti ma mi ritengo un uomo fortunato. Anche dal lato umano mi è andata bene, non ho mai avuto grandi incidenti”. Quando si viene sconfitti però, specialmente per un soffio, la voglia di abbandonare ti sfiora… “Ho perso campionati e gare a volte per un solo secondo o pochi decimi. In quel caso ti fermi a riflettere… Nel 2009 ho perso la Trento Bondone per un secondo. Era la gara di casa e per la delusione non ho voluto più sentir parlare di macchine per una settimana. Volevo smettere”. Nel 2005 il sistema è lo stesso ma in due la fatica si sopporta meglio.
Donne, chapeau!
Spesso le donne si mescolano al mondo maschile per antonomasia dei motori, ritagliandosi il loro posto come fedeli compagne di viaggio o come piloti. “Nei rally i navigatori donna molte volte, e a ragione, sono reputate molto più precise e pignole. La realtà femminile in questo campo non è significativa, ma le donne al volante che sanno distinguersi lo fanno bene. La difficoltà iniziale le aiuta a voler dimostrare di poter competere con i loro colleghi maschi e, avendo fatto anche più gavetta, molte di loro hanno dimostrato in diverse occasioni di essere all’altezza. Ce ne sono parecchie. Arrivano anche ad essere più forti: le difficoltà aiutano a crescere e ad avere più carattere per dimostrare quello che sai fare”.
Campione polivalente
Rally, cronoscalate, motoslitta… mancherebbe solo la pista… “Qualche corsa l’ho fatta nei primi anni della mia carriera ma sono le gare in salita la mia passione. Riuscire a stare dietro a tutto però è impossibile, già quest’anno ho dovuto abbandonare il Campionato Italiano Motoslitte. La pista mi attrae, ma non ci ho mai pensato seriamente. Forse quando avrò un po’ più di paura…” Eh già, il pericolo e la paura. Sfidare le strade di montagna non è certo una passeggiata, specialmente dal punto di vista della sicurezza, anche se tanti piloti preferiscono il brivido delle strade. “In pista sicuramente è difficilissimo arrivare al limite, ma noi siamo abituati a confrontarci su strade dove entrano in gioco molte più variabili. Non abbiamo avversari, solo il tempo”. Scegliere tra le proprie passioni è ancora più difficile per Christian Merli, che nel corso degli anni è riuscito a distinguersi in diverse specialità e che, anche ora che ha raggiunto un buon livello nelle gare in salita, è al rally che rivolge il suo primo pensiero. “Ora guido delle macchine da quasi 500 cavalli su un peso di 600kg che ti fanno provare delle emozioni tali che quando scendi da lì ti sembra che le altre vetture non valgano niente in confronto… L’impostazione del rally come tipo di gara però mi è sempre piaciuta molto. Innanzitutto è una gara lunga, corri uno o due giorni. Forse mi piacciono tanto perché non ho mai avuto il tempo di affrontarli a tempo pieno come con le salite”.
Al volante!
Fare il pilota professionista non è però l’unica occupazione di Christian Merli, che cerca di combinare al meglio lavoro e carriera. “Conciliare questo sport con la mia occupazione di artigiano non è molto facile. Ma lavorando per conto mio posso quantomeno gestire al meglio le giornate”. E com’è la giornata tipo di un pilota professionista impegnato su più fronti? La sveglia suona anche all’alba durante la settimana, quando Merli è impegnato nei cantieri in giro per l’Italia. Ma quando si avvicina il weekend di gara la concentrazione si sposta da tutt’altra parte. “Se riesco mi piace partire in anticipo, anche al giovedì sera, per riuscire a provare il percorso di gara con tranquillità e memorizzarlo bene in assenza di traffico sulla strada. Capire dove mettere le ruote. Il venerdì pomeriggio è dedicato alle verifiche, quindi la sera si va a letto presto. Al sabato mattina ripasso nuovamente sul tracciato di gara prima delle prove in attesa della gara di domenica”. Il momento più snervante è quello prima della partenza, quando i piloti a volte si vedono costretti ad aspettare nel caso in cui le vetture che li precedono si fermano o escono di strada. “A volte aspetti anche due ore pronto con il casco e la tuta come se ogni minuto che arriva fosse il tuo. Nei rally questo non accade...”.
A caccia del risultato
È una vita intensa quella del pilota ufficiale della Picchio che alterna il quotidiano con le trasferte, cercando di trovare spazio per allenarsi un paio di volte a settimana, tenendosi in forma con corsa e palestra e, quando è lontano dai campi di gara, continuando a girare… sulla pista di Ala con i kart! Inutile dunque pensare di trovarlo intento a coltivare qualche altra passione. “Non ho altri hobby”, confessa candidamente il trentanovenne pilota trentino, che ammette altresì, “se avessi del tempo libero andrei semplicemente in vacanza”. Insomma, le corse sono una passione al quale non vuole proprio rinunciare, una scarica di adrenalina che lo aiuta anche ad affrontare quella che è la vita di tutti i giorni: “Quando vinco riesco a lavorare tutta la settimana senza sentire la stanchezza. Alla fine è il risultato che ti dà la soddisfazione”. E quale è stato quello migliore? “Nel 2003, dopo i sei anni di stop dalle competizioni, sono salito alla Trento Bondone con una vettura da turismo, una Clio, riuscendo a mettere a segno il decimo tempo assoluto con un buon margine su altri avversari con macchine decisamente più performanti della mia. Quello è stato un segno della mia ripresa come pilota. Ma un altro bellissimo ricordo rimane la vittoria del Trofeo Italiano Velocità Montagna nel 2004: in quella occasione ce la siamo giocata fino all’ultima gara. È stata la più sofferta, ma che soddisfazione!”.
Semplicemente Christian
Istintivo, “perché sono anche un po’ un autodidatta” e impulsivo al volante della sua vettura, ma anche buono, come lui stesso ama definirsi quando sveste i panni da pilota e si cala in quelli della vita quotidiana. “Sono una persona spontanea. A volte non riesco a trattenermi, anche se si dovrebbe…”. Così spontaneo da non fare mistero, anche da pilota di livello quale è, dell’ammirazione nei confronti di suoi due rivali, Simone Faggioli e Danny Zardo: “Ce ne sono tanti altri bravi in Italia, ma loro due sono un mio punto di riferimento. A loro posso inchinarmi una volta per uno”. Christian Merli è tutto questo e anche di più… “Sono superstizioso. Forse una volta più di adesso, ma devo ammettere che i miei riti ci sono. Per esempio indossare una maglia particolare quando corro… Insomma, quelle piccole cose che, anche se non lo dicono, l’ottanta per cento dei piloti fa. Con il tempo comunque ho imparato a non farci troppo caso, specialmente quando ho centrato la mia prima vittoria assoluta in una gara in salita: tra la sera prima e la mattina avevo incrociato tre gatti neri! Alla fine mi hanno portato bene, anche se devo dire che un po’ di timore al momento l’ho avuto”. E nonostante i gatti neri, all’alba dei suoi quarant’anni Christian non ha alcuna intenzione di smettere. Il ragazzo partito dalle nevi e approdato sull’asfalto delle corse in salita continua a collezionare successi, l’ultimo a inizio novembre nel CIVM, dove si è laureato vice campione italiano regalando inoltre la vittoria finale di gruppo al team di Franz Tschager.
Un consiglio…
E che cosa consiglia ai giovani che come lui crescono trafficando con gomme e pistoni all’interno delle officine, sognando magari un giorno di poter concretizzare la propria passione sui campi di gara? “Spero che anche le Federazioni aiutino questi ragazzi a cimentarsi nello sport piuttosto che sulle strade. Se amano i motori e la competizione sono le Federazioni stesse che devono avvicinarli a questa disciplina, con un casco in testa e in pista, nel massimo della sicurezza. Lì devono potersi sfogare”.
Quando smetterà ?
“Credo che se per qualche ragione non potessi più disputare le gare troverei sicuramente qualcosa con un motore per andare a sfogarmi. Questa cosa mi possiede fin da quando ero piccolo e, se mai dovessi smettere, troverò comunque qualcosa per girare nel prato”.