motori.sportrentino.it
SporTrentino.it
Varie

11 mila chilometri del Mongol Rally

L’equipaggio del Team Pintarally Motorsport formato da Denis Bolognani assieme a Federico ed Irene Saveriano è arrivato, dopo 11 mila chilometri, ad Ulan Bator, capitale della Mongolia. I tre ragazzi trentini, partiti a metà luglio, hanno affrontato la lunghissima trasferta al volante della Panda 1.100 cc. 

Il Mongol Rally è una corsa non competitiva, dove non sono ammesse assistenze e GPS. Solo le carte geografiche e la bussola. Una competizione nata per solidarietà, dove i nostri avevano una somma da destinare ad un villaggio SOS. A fine viaggio, la vettura è stata venduta ed il ricavato è destinato alla  beneficenza. 

Irene, sintetizza il rally
“Il viaggio è andato bene. Abbiamo aggirato l'Uzbekistan, a causa delle strade disastrose. Allo start di Praga erano presenti circa 250 vetture, mentre altre erano già in viaggio da Londra. Alcuni avversari, se si può chiamarli così, disponevano di vetture ben preparate. C'era il mondo intero. Abbiamo conosciuto americani, australiani, cinesi, giapponesi, indiani ed italiani. La nostra Panda era una delle poche utilitarie iscritte. All’inizio si riusciva a percorrere 600 chilometri al giorno. Appena entrati in Ucraina, la situazione strade si è aggravata. Avevamo paura sia di rompere il mezzo sia della giuda spericolata di russi ed ucraini. Arrivati in Kazakistan, invece di prendere il bivio per l'Uzbekistan, siamo andati verso nord ed è stato il nostro più grande errore”. 

"La strada sembrava quasi bombardata, l’asfalto sciolto e le buche, profonde, erano dappertutto. Momento di panico, ma la nostra unica alternativa era affrontare le piste sabbiose nel deserto del Kazakistan”. Momenti difficili, quindi. “Già, ci sono voluti due giorni di viaggio per fare 300 chilometri. Arrivati nuovamente in Russia, i paesaggi assomigliavano alla val di Fiemme, mentre era la Siberia. Qui s’è rotto un ammortizzatore e Denis e riuscito a sistemarlo”. 

“Finalmente s’è superato il confine con la Mongolia. Eravamo a “soli” 1700 chilometri dall’arrivo. Strade sterrate ed un paesaggio mozzafiato con montagne e fiumi. All’interno, sé viaggiato nel famoso deserto dei Gobi”. Problemi per trovare la giusta direzione? “E’ stata la parte più difficile. Scegliere la strada giusta tra dieci piste tutte uguali. Noi usavamo solo la bussola e cartina stradale”. Poi l’arrivo nella capitale. “Ad Ulan Bator, siamo andati a fare visita al villaggio SOS che ospitava un centinaio di bambini. Accoglienza emozionante”. 

“In Kazakistan, siamo rimasti bloccati da una vera tempesta di sabbia. Non riusciamo a vedere nulla, la sabbia entrava persino in macchina. Volevamo mollare tutto. Un momento di sconforto. Non si mangiava da due giorni e la poca acqua che avevamo era calda. Non solo, ma i visti, per il secondo tratto di Russia, scadevano a breve. Esperienza straordinaria. Il Mongol Rally non è una gara di velocità, anzi. Dura sia psicologicamente sia fisicamente. Indimenticabile”. Il rientro? “Dopo aver messo all’asta la nostra Panda e donato il ricavato, abbiamo fatto uno scalo solo a Mosca per poi tornare a casa”.  

Autore
Maurizio Frassoni
© www.sportrentino.it - strumenti per i siti sportivi - pagina creata in 1,688 sec.